Abstract: l’articolo descrive la correlazione tra ansia prestazionale e corretta applicazione degli strumenti dispensativi e compensativi, sottolineando come l’importanza di una consapevole applicazione di questi strumenti sia indice di una buona compensazione del disturbo e non di una facilitazione al compito.
Il decreto legge 170/2010 prevede che i ragazzi con diagnosi di DSA abbiano diritto ad una didattica individualizzata e personalizzata, all’applicazione di strumenti compensativi e delle misure dispensative ed ad adeguate forme di verifica e valutazione.
Ma che cosa sono nel dettaglio questi diritti?
DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA e PERSONALIZZATA: programmare la didattica e la gestione delle relazioni all’interno della classe tenendo conto della specificità ed unicità individuali degli alunni e considerando i bisogni educativi di ognuno.
Gli STRUMENTI COMPENSATIVI sono i prodotti, le attrezzature o sistemi tecnologici in grado di bilanciare il disturbo, riducendone gli effetti negativi (es. tabella delle misure e delle formule, calcolatrice, mappe concettuali, audiolibri, utilizzo del pc e di programmi di videoscrittura, dizionari computerizzati, …)
Le MISURE DISPENSATIVE corrispondono all’azione di tutela da parte dell’insegnante di fronte alle specifiche difficoltà dell’alunno al fine di preservare la sua identità personale ed evitare ricadute psicologiche personali (es. dispensa dalla lettura ad alta voce, dallo studio mnemonico di formule e definizioni, 30% in più di tempo per lo svolgimento di un compito, ecc..)
Anche le PROVE di VERIFICA e le PROVE d’ESAME devono essere svolte con l’utilizzo degli strumenti dispensativi e compensativi così come la VALUTAZIONE deve essere proporzionata ai progressi dell’alunno e all’ impegno dimostrato, premiando sforzi e progressi.
Nonostante questi strumenti ed accorgimenti siano previsti dalla legge, non sempre nelle scuole vengono correttamente utilizzati. Il più delle volte, perché si teme che queste misure e prese di coscienza potrebbero “facilitare” l’alunno nell’esecuzione del compito piuttosto che compensare le sue difficoltà obiettive.
Ma cosa accade nell’alunno quando queste misure non vengono rispettate?
Sicuramente a tutti noi è già capitato di provare una forte situazione di ansia, stress e pericolo.
Ma cosa succede esattamente in quel momento non è facile riconoscerlo. Le reazioni psicofisiologiche che si attivano sono veloci, automatiche e il più delle volte al di fuori del nostro controllo consapevole.
Come descrive Porges nella “Teoria Polivagale” la minaccia/ la causa ansiogena, sia essa reale o immaginata, altera l’omeostasi del sistema nervoso autonomo, più precisamente nel sistema nervoso simpatico attivando il circuito “cervello-viso-cuore”. Il corpo si riconosce in uno stato di allerta, chiamato “arousal”. L’attivazione dello stato di allerta, che permette la produzione di adrenalina, corrisponde nell’uomo, così come negli animali, all’attivazione di tutte le funzioni neurovegetative necessarie al fine di fuggire o attaccare la fonte ansiogena: vasocostrizione del tratto gastrointestinale, accelerazione cardiaca, tensione muscolare, vigilanza attentiva, aumento del respiro, …
Può anche succedere che, raggiungendo elevati livelli di stress, si attivi il sistema vagale inibitorio che, riducendo l’attività metabolica, promuove il freezing, cioè l’immobilizzazione.
Quest’attivazione fisiologica che, per convenzione, è chiamata “reazione attacco-fuga” è presente in tutti gli esseri viventi, è filogeneticamente molto antica e selezionata dall’evoluzione perché associata a comportamenti adattativi in risposta ad eventi stressanti.
Sebbene le minacce ansiose di un tempo siano molto differenti e lontane da quelle dei nostri giorni, il circuito fisiologico che si attiva nel nostro corpo è il medesimo, anche di fronte a compiti e prove scolastiche che possono risultarci ostici, determinando uno stato di attivazione fisiologica che meglio identifichiamo come ansia. Lo stato ansioso corrisponde, infatti, ad uno stato di attivazione fisiologica e psicologica che consente di affrontare determinate richieste ambientali; si tratta di una risposta adattativa perché, entro un range di tolleranza individuale, l’incremento dell’ansia determina un significativo miglioramento delle performance. Tuttavia come riportano Rezzonico e coll., quando l’attivazione simpatica è amplificata tale da risultare sproporzionata rispetto allo stimolo, l’ansia esita in confusione o tendenza impulsiva all’azione, emergono insicurezza e preoccupazione rispetto alle proprie capacità, si assiste ad un calo della performance fino al raggiungimento di una disorganizzazione comportamentale.
Facendo allora riferimento al ragazzino DSA ora è più facile immaginare come si possa sentire: la minaccia ansiogena (lo svolgimento del compito senza le misure previste dalla legge) genererà in lui alti livelli di stress e frustrazione tali da generare un’attivazione ansiosa e, se quest’ultima supererà il livello di tolleranza individuale, portare ad un’importante svalutazione personale e addirittura all’impossibilità di svolgimento del compito assegnato.
Come evidenziano gli studi scientifici Yerks e Dodson, infatti, all’aumentare dell’arousal aumenta anche la prestazione al compito, tuttavia ad un ulteriore incremento si assisterà ad un importante calo prestazionale fino al raggiungimento del fallimento.
E’ allora chiaro come la corretta e consapevole applicazione dei diritti sanciti dalla legge 170/2010 non solo possa compensare il disturbo specifico dell’alunno e promuovere livelli ottimali di performance ma ridurre notevolmente l’incidenza dell’ansia nell’ambito scolastico.
Come dimostrano Carol e Iles, infatti, i ragazzi con diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento mostrano livelli d’ansia maggiori allo “State Trait Anxiety Inventory” (STAI, Spielberger e coll. 1983) rispetto ai coetanei non diagnosticati. Inoltre i livelli d’ansia individuati non sono esclusivamente ristretti all’ambiente scolastico ma si estendano anche alle relazioni sociali, aumentando la probabilità di sviluppare disturbi emotivi più strutturati in età adulta.
Dott.ssa
Lucia Tasselli
Psicologa
BIBLIOGRAFIA
Barbera F., “Con-pensare i DSA- guida per insegnanti”, Cleup ed. 2013
Fosha, Siegel, Solomon, “Attraversare le emozioni” vol. I, Mimesis Edizioni, 2011
Julia M. Carrol, Jane E. Iles, “An assessment of anxiety levels in dyslexic students in higher education”, British journal of Educational Psychology 2006.
Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”
Nardone, G., 2005, “Non c’è notte che non veda il giorno”, TEA, Milano, p. 16. cap.1 “La mente che si intrappola: anatomia del panico” in : Nardone, G., 2005.
Porges S.W. , 2001; “The Polyvagal Theory: phylogenetic substrates of a social nervous system.” International journal of Psychophysiology.
Rezzonico, De Marcoe coll., “Lavorare con le emozioni nell’approccio costruttivista” Bollati-Boringhieri, 2012
Woodman, T., Hardy, L. Stress and Anxiety, in: Singer, R.N., Hausenblas, H.A., Janelle, C. M., 2001, Handbook of sport psychology, John Wiley & Sons, New York, p. 294.
Yerkes RM, Dodson JD (1908). “The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation”. Journa of Comparative Neurology and Psychology.