CHIMICA E DISLESSIA: PRATICHE PER L’INSEGNAMENTO di Michele Tos

Abstract: L’insegnamento della chimica richiede particolari strategie in presenza di DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il presente contributo analizza alcuni elementi caratterizzanti il disturbo con particolare riferimento alla Dislessia, suggerendo alcune strategie atte a migliorare le possibilità di riuscita in ambito didattico.

I dislessici sono spesso fantasiosi e creativi; tendono ad essere pensatori visivi ed abili nel creare connessioni laterali inaspettate. Sovente sono intuitivi ed impulsivi, facendo affidamento sul sentimento istintivo piuttosto che sull’elaborazione logica sequenziale. Hanno inoltre una particolare sensibilità ai bisogni degli altri e si prestano a lavorare in gruppo.

Le principali difficoltà degli studenti dislessici sono afferenti all’interpretazione della parola scritta, sia sul piano della decodifica che dell’interpretazione semantica ed ortografica. Leggono lentamente ed in modo impreciso, invertendo lettere ed interpretando in maniera errata la conversione fonetica. Gli errori aumentano all’aumentare della richiesta di performance e con la riduzione degli elementi atti a sostenerla (aumento della stanchezza; riduzione del tempo; presenza di distrattori; overflow cognitivo; ecc.).

Dislessia corrisponde, su di un piano neurologico, ad una riduzione delle performance in capo alla Working Memory e della memoria a breve termine, strutture preposte (insieme ad altre) alle attività di revisione rapida e di recupero delle informazioni afferenti al processo di lettura.

Le informazioni, per essere archiviate nella memoria a lungo termine, richiedono reiterazione strutturata e modalità di comunicazione multicanale (visivo, verbale, cinestesico), rendendo necessaria la riprogettazione didattica ed un elevato livello di personalizzazione, portando il tutor dell’apprendimento (rientrando in questa definizione specifica anche l’insegnante) ad elaborare modi “bizzarri” e coinvolgenti per attuare l’apprendimento efficace. Quanto descritto si applica ad ogni materia ma nel caso della chimica occorre un distinguo.

Perchè la chimica è così difficile?

Chiunque abbia approcciato la chimica, anche in assenza di particolari difficoltà, sa che essa si basa sul pensiero logico, conseguenzialità legata all’apprendimento ed all’uso di regole spesso incapsulate l’una nell’altra e con numerose opzioni da cui districarsi per combinare in maniera corretta gli elementi. Vi è un uso massificato di numeri, lettere, inferenze, termini la cui minima variazione modifica fortemente il risultato. Difficile utilizzare l’intuizione (già citato come punto di forza) per ridurre le inesattezze.

L’aspetto mnemonico è spesso preponderante ed associato alla velocità di recupero/utilizzo dell’informazione al fine di realizzare la performance richiesta, in un ambito dove la logica descrittiva è differente dal bagaglio esperienziale: K per potassio, Cu per rame. Le nomenclature non sono univoche e testi diversi riportano voci differenti per la medesima sostanza.

La mancata comprensione, memorizzazione, recupero dei fatti logico-sequenziali dei processi descritti, portano ad un tasso di errore elevato, determinando nel soggetto dislessico l’incapacità al compito esecutivo, esponendolo alla prostazione emotiva derivante. Va ricordato che i soggetti dislessici sono spesso sensibili alle critiche e qualsisi riferimento ad una presunta negligenza o pigrizia, generano ansia e depressione.

Come rendere più efficace l’apprendimento della chimica? Vi sono diversi elementi che debbono essere presi in considerazione, iniziando da quelli visivi, dove il font utilizzato, la dimensione e la spaziatura dei caratteri, insomma la stesura di testi ad alta leggibilità (tenendo conto che questi ultimi debbono essere letti da una sintesi vocale nei casi previsti) e debitamente schematizzati possono facilitare il processo interpretativo ed organizzativo alla base dell’apprendimento.

  • E’ buona regola fornire un quadro globale dell’argomento, con solidi ancoraggi ai temi principali (hot point), prima di entrare nel dettaglio, secondo un modello inseribile in una mappa “sociale”, elaborata in un’ottica di cooperative-learning, dove la mappa diviene patrimonio (ed elaborazione) della classe. Ad ogni lezione è opportuno partire dai citati “hot point” per consentire un’adeguata organizzazione mentale delle successive informazioni, processo che può essere rafforzato attraverso la costruzione di un glossario sempre disponibile.
  • Il passaggio dall’astrazione dei concetti alla loro rappresentazione iconico-materica è un passaggio cruciale: si possono descrivere le unioni tra gli atomi con modelli tridimensionali; i legami dati dalle valenze con modelli solidi che li rappresentino: eccetera. Si evidenzia, ad esempio, l’uso di mattoncini Lego per tali rappresentazioni, già posta in atto da alcuni insegnanti, ma anche l’uso di paste modellabili ed altri strumenti plastici. Si possono immaginare anche tessere di un puzzle le cui sporgenze simulano i legami + o -, atte a rappresentare i vari atomi e la loro capacità di legarsi ad altri a formare i composti.
  • I colori debbono essere usati per rappresentare le varie classi di elementi ed ogni distinzione utile.
  • Agganciare le definizioni alle esperienze individuali con motti e metafore: l’ossidazione è perdita, la riduzione guadagno.
  • Esistono inoltre rappresentazioni computerizzate ed interattive che possono essere utilizzate su LIM, tablet, cellulari, computer. I vari store presenti in rete possono fornire pletore di app (applicazioni per smartphone e tablet) in gran parte gratuite, atte alla spiegazione di micro argomenti, essendo caratterizzate dalla specificità che li contraddistingue, consentendo di conseguire micro-obbiettivi, la cui summa costituisce l’obbiettivo perseguito.
  • La notazione “and-or-not”, cara all’informatica, è maggiormente esplicativa di un “nel caso in cui”, “talune volte”, “si nega l’evidenza”, espressioni che complicano il carico cognitivo in capo alle strutture neurali dedicate all’interpretazione pragmatica. Un linguaggio semplice, chiaro ed esplicativo è sempre utile.

Si conclude citando strategie quali il cooperative learning, flipped-classroom, peer-education. Esse sono trasversalmente utili e molto efficaci se inserite in un contesto motivante, dove il fulcro della conoscenza, il tutor dell’apprendimento altresì definito insegnante, si pone come figura guida del processo deduttivo alla base dell’apprendimento efficace.

 

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