LABORATORIO 2: La progettazione

Riprendendo quello che ho iniziato nel primo articolo di questa serie, in cui spiego una mia esperienza genitoriale nell’ambito della lettura, vissuta come esperienza laboratoriale, in questo breve articolo parlo della progettazione del “libro solido”. Intanto ricordo che il termine “libro solido” si rifà alla concretizzazione della propria interpretazione narrativa.

Il termine “progettazione” fa pensare alla definizione intellettuale di un obbiettivo (un manufatto od altro) partendo da materiali grezzi, che vengono “piegati” all’idea progettuale. Nel nostro caso siamo si partiti certamente da materiali grezzi (imballaggi di cartone di vecchi ordini online, che conservo per ogni genere di riutilizzo), adattando l’idea progettuale ad essi. Accadde dunque che un involucro a plico diviene il contenitore; fogli di cartone tabelloni, cartelle, alette espositive.

I materiali utilizzati si sono dimostrati funzionali allo scopo, ovvero adeguati rispetto all’uso di colori, alla scrittura, al decupage con le foto, alla rappresentazione scenica. Non vi è stata rinuncia rispetto agli obbiettivi previsti, ma la loro rappresentazione è stata adattata al materiale disponibile. La parte progettuale è dunque un vero e proprio laboratorio.

Unico difetto: l’impossibilità di correggere. Il cartone è un materiale robusto ma non ammette errori. Anche in questo caso siamo ricorsi a piccoli espedienti per adattare il compito esecutivo ai materiali disponibili, scoprendo nuove modalità di rappresentazione, come spiegato nel laboratorio 6.

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